Per fotografare la situazione della giustizia sociale in Italia sono sufficienti poche cifre. Secondo la Banca d’Italia il 50 per cento più povero della popolazione italiana possiede meno del 10% della ricchezza (il 9,4%, per l’esattezza), mentre il 10% più ricco possiede poco meno del 50 per cento della ricchezza (il 45,9%). E negli ultimi anni proprio la situazione di quel 50% più povero è peggiorata ulteriormente. Oggi il 10% delle famiglie vive al di sotto della soglia di povertà, e il potere d’acquisto delle famiglie è inferiore a quello di 20 anni fa.
Ma questo non è un destino: è il frutto di politiche sbagliate. Le politiche di austerity degli ultimi due governi, in particolare, hanno avuto effetti drammatici: 800 mila disoccupati in più, tasso di disoccupazione oltre il 35% tra i giovani, mille imprese al giorno fallite nel solo 2012.
Il motivo è semplice: tutte le manovre di bilancio che sono state fatte hanno ridotto le spese sociali e aumentato le tasse a chi già le paga, oltretutto senza alcun criterio di progressività e anzi aumentando anche le tasse indirette che pesano di più su chi guadagna di meno. Inoltre la “riforma” delle pensioni della ministra Fornero, votata da PD, Centristi e PDL, ha messo letteralmente sul lastrico centinaia di migliaia di persone.
Il risultato è stato un crollo dei consumi e quindi della domanda interna. L’attività economica è caduta e quindi anche la situazione del debito pubblico è diventata ancora più precaria. Da questa situazione si esce solo comprendendo che non si può avere crescita senza equità sociale. Non si può pensare di recuperare competitività riducendo ulteriormente salari e diritti di chi lavora. Va detto con chiarezza che oggi fare questo sarebbe non soltanto socialmente ingiusto ma devastante per la nostra economia.
Dobbiamo rifiutare le politiche di austerity e rinegoziare il Fiscal Compact, che ha messo in ginocchio la nostra economia e gettato l’intera Europa nella recessione. Dobbiamo affrontare il nodo della criminalità organizzata, della corruzione e della grande evasione, che rappresenta un’enorme zavorra, ma anche un enorme bacino di risorse a cui attingere. Occorre però la volontà politica per farlo, che sinora è sempre mancata. Si può fare e noi lo vogliamo fare.
Dobbiamo usare le risorse così recuperate per far pagare meno tasse a chi già le paga, elevare le pensioni più basse e introdurre un reddito minimo per i disoccupati. Dobbiamo introdurre una patrimoniale, perché è giusto che chi più ha più paghi. Dobbiamo far ripartire l’economia, attraverso un grande piano di investimenti pubblici in formazione, ricerca e per la messa in sicurezza del territorio. Dobbiamo riprendere a fare politica industriale e occorre un intervento pubblico nelle crisi aziendali, a partire da quelle che interessano settori strategici della nostra economia.
Dobbiamo sostenere gli investimenti delle imprese anche attraverso una banca pubblica per il credito a medio e lungo termine. Gli incentivi alle imprese vanno razionalizzati, diretti a chi assume e condizionati alla non delocalizzazione di attività produttive. Tutto questo oggi si può fare. Bisogna volerlo fare. Noi lo vogliamo fare.
Link originale: http://www.rivoluzionecivile.it/2013/02/20/piu-giustizia-sociale-per-crescere/